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La crisi energetica come opportunità democratica

Come nel caso dell’acqua e del cibo, la costante crescita della domanda di energia produttiva mondiale non corrisponde di per sé ad una pur auspicabile maggiore equità nella sua distribuzione. Dagli anni ’70 del ‘900 ai primi anni del nuovo secolo l’incremento nel consumo di energia è stato di circa il 69%, [1](Scherr, 2006).  In effetti, l’aumento della produzione energetica globale sostiene oggi prevalentemente l’incremento dei consumi, e dunque il modello della crescita economica. Tale modello, incentrato sul costante aumento della produzione e del commercio, più che non sulla redistribuzione dell’esistente, è strettamente connesso, nei suoi fondamenti e nel suo funzionamento, alla disponibilità sempre crescente di energia a basso costo, sin’ora proveniente dalle fonti fossili: primariamente il petrolio ed i suoi derivati, ma anche il carbone e il gas naturale. La struttura politica, economica e sociale dei paesi industrializzati sono fondate sulla garanzia di un rifornimento costante e conveniente di energia fossile e da essa dipendono. Le cosiddette economie emergenti del Sud globale sono purtroppo, attualmente, ancora immerse nella corsa verso un modello di industrializzazione già vecchio, il quale prevede una sempre maggiore dipendenza dagli idrocarburi.

Oggi, la civiltà fossile (così definita perché fondata su fonti energetiche fossili, quali petrolio e carbone) è scossa alla radice per due ragioni, l’una speculare all’altra: il cambiamento climatico ed il progressivo assottigliamento delle riserve. La necessaria e quantomai urgente transizione verso nuove fonti energetiche è un’occasione senza precedenti per ridiscutere i principi fondanti del modello attuale di produzione, distribuzione e consumo dell’energia. Prima di entrare nel merito di tale possibile cambiamento, riflettiamo sulle origini storiche della civiltà fossile e su alcune sue caratteristiche fondamentali, per capire meglio le ragioni e le modalità di un suo necessario superamento.

A cura di Alice Benessia, Maria Bucci, Simone Contu, Vincenzo Guarnieri.


[1] Siamo passati da 6034 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio – 1 tep quantifica tutta l’energia ipoteticamente derivante da 1 tonnellata di petrolio) a 10213 milioni di tep nel 2002


 
  • enzo ha scritto:
    17 dicembre 2009 alle 12:27

    penso che per riuscire a passare a un nuovo tipo di energia servirebbero leggi e sanzioni per chi non rispetta l’ambiente…e di conseguenza è necessario che lo stato si occupi di diminuire le emissioni di gas inquinanti sia a livello micro che macro e questo dovrebbero farlo tutti gli stati sopratutto usa cina e india che sono tra i maggiori inquinanti ma non hanno neanche aderito al trattato di kyoto



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